Nuove proteste al CAAT

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A cinque mesi di distanza dall’ultimo picchetto, i facchini del Centro Agro Alimentare di Torino si danno appuntamento fuori dai cancelli della mastodontica struttura in cui avviene la compravendita all’ingrosso della frutta e verdura per i mercati cittadini. Lo scopo è, ancora una volta, bloccare i camion in entrata e in uscita, dato che le condizioni di lavoro non son cambiate di una virgola, nonostante le promesse fatte a maggio.

Visto il grande disagio causato ai mercati e supermercati cittadini della scorsa primavera, e la conseguente – probabile – tirata d’orecchie ai gestori dell’ordine pubblico, direzione del Centro e Polizia non si fanno cogliere impreparati. A quanto pare, infatti, per l’occasione sono stati chiamati lavoratori estemporanei per colmare la lacuna degli scioperanti, ma soprattutto il dispiegamento del reparto celere in assetto anti sommosta è imponente, valsusino vien da dire. Con tanto di idranti per tirar via i lavoratori che cercano di sedersi in terra per bloccare l’afflusso di autoarticolati, e cariche che si ripetono all’arrivo di ogni mezzo ai cancelli di Strada del Portone 10.

Al presidio sono tanti i lavoratori degli ex Mercati Generali, di cui pochissimi italiani, ci sono i sindacalisti di base e tanti solidali, per un totale di circa 200 persone, che si scaldano intonando cori davanti all’imponente schieramento di poliziotti. Scioperanti e solidali risultano infatti immediatamente in netta minoranza, per cui non mancheranno attimi di tensione, con sassaiole ed esplosioni di petardi, ma le cariche avranno gioco facile a spezzettare il blocco, a contenerlo e a renderlo inoffensivo.
Con il passare delle ore il picchetto si dirada fino a che sul piazzale non restano che i reparti celere a monitorare l’andirivieni di camion dentro e fuori dal CAAT.

Una nota di riflessione meritano gli avvenimenti intorno alla morte per infarto di un mercataro che voleva entrare per rifornire il suo banco. Quest’uomo, dopo aver avuto un diverbio neanche troppo acceso con alcuni manifestanti, ha avuto un attacco di cuore che l’ha stroncato.
I dirigenti della Polizia, che in quel momento avevano in mano la gestione dell’ordine pubblico al CAAT, non si potevano permettere un morto accidentale tra capo e collo. Per cercare di limitare i danni, decidono quindi di portare via un paio di persone a lor detta informate sui fatti, probabilmente per dare l’impressione di star facendo accertamenti. Scelgono quindi un paio di ragazzi a caso tra il gruppo di scioperanti e solidali e cercano di prenderli tra l’indifferenza di chi, piuttosto che contrastare l’azione delle forze dell’ordine, era in quel momento interessato unicamente a scrivere comunicati per rintuzzare l’attacco mediatico – che, come sempre, riportava in tempo reale l’accaduto con titoli ad effetto. Un comportamento non certo in linea con lo slogan gridato durante tutta la serata: «se toccano uno, toccano tutti».

Grazie all’intervento di un gruppetto di persone attente il gioco non riesce, e gli agenti si trovano a dover eseguire un’identificazione di tutti i presenti che ha comunque come obiettivo quello di fermare i due giovani. A questo punto i presenti sono però allerta e si compattano intorno ai due per impedirne il fermo. Nel parapiglia che ne segue vengono agguantate, oltre ai ragazzi malcapitati, altre due persone  e tutti e quattro vengono portati in fretta in Questura, per essere rilasciati diverse ore dopo.
Per fortuna a placare gli animi arrivano le dichiarazioni del figlio del mercataro, che ricollocano quanto avvenuto nell’arco delle fatalità.

Un avvenimento tragico ma comune nella sua dinamica, un incidente come ne possono accadere tra uomini che difendono interessi particolari diversi, senza per questo appartenere a classi sociali contrapposte. Situazioni che continueranno a ripresentarsi, ci auguriamo senza questi esiti tragici, nelle lotte in cui ci troveremo impegnati.