Sicuri da morire

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Arrivano i nostri! Nonostante l’Italia sia il paese con la più alta densità di forze di polizia al mondo – uno ogni ottanta adulti in età da lavoro – si proclama che la sicurezza non è ancora sufficientemente garantita, si invocano rinforzi. Ed eccoli finalmente, questi militari, in tuta mimetica o in divisa color beige, con la mitraglietta o con il manganello, fianco a fianco dei loro colleghi vestiti di blu. A vederli nei parchi e per le strade di Torino non sembrano neanche gli stessi che sparano sui civili in Afghanistan e in Iraq, torturano i genitali dei prigionieri in Somalia, stuprano le ragazzine in Kosovo. Forse non abbiamo visto proprio tutto, e la televisione, si sa, rende tutti più belli. Eppure perché non dovrebbero essere gli stessi? Se la guerra è ufficialmente dichiarata “operazione di polizia internazionale”, perché la difesa dell’ordine pubblico non può essere garantita anche dall’esercito? E allora, di che stupirsi? E soprattutto, di che lamentarsi? Viene il sospetto che sia solo l’ennesima trovata del marketing governativo.

Emergenza! Schierare i militari per contrastare un’emergenza dai contorni sempre più vaghi rassicura soltanto chi li comanda. Perché il soldato è il cittadino modello di una società disciplinata, autoritaria e gerarchica – un incubo per chi ci vive, ma l’ideale per chi la vuole amministrare – un cittadino che marcia al passo senza discutere gli ordini, che non protesta se la paga è bassa e se il rancio è pessimo e pure caro, che non si lamenta se muore sul lavoro e stupra e uccide pure, quando serve. Ma siamo sicuri che si tratti esclusivamente di uno show, lungo sei mesi prorogabili per altri sei? Allora basterebbe solo aspettare la fine della missione, stando attenti a non farsi malmenare dai vigili urbani, a non affogare scappando dalla polizia, a non morire come un cane in un centro di detenzione, a non bruciare in un campo rom. Perché in questa escalation di violenza contro gli ultimi, contro gli abusivi, gli irregolari, i clandestini, gli stranieri e gli italiani purché poveri o dissidenti, siamo davvero tutti più sicuri, sì. Sicuri da morire.

Allarme! Oltre che un simbolo, la militarizzazione del territorio è anche la risposta concreta dello Stato alla minaccia della rivolta aperta della popolazione. Schierati a sorvegliare le rivolte degli stranieri prigionieri nei centri e a proteggere le discariche della Campania, i soldati non si tireranno di certo indietro quando sarà ora di costruire la Tav in val Susa, dove la polizia davvero non è bastata. E come ogni guerra è camuffata da una propaganda che la dipinge come umanitaria, così anche i soldati nelle città si presentano oggi con un volto umano, rassicurante. Ma se non li respingiamo ora, potremmo svegliarci domani al grido di “altolà!” per vedere il loro volto più feroce, quello che sfonda le porte, terrorizza, stupra e ammazza. La frontiera passa già attraverso i nostri mercati, la guerra è sotto casa. Intralciamo i loro piani e smascheriamo le loro malefatte, e i loro punti deboli. Prima che sia troppo tardi.

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