Gli ultimi giorni al Cpr

 

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L’insofferenza sommersa contro la reclusione si fa strisciante e ogni tanto prova a venir fuori tra i reclusi di corso Brunelleschi, a volte  canalizzandosi verso l’autolesionismo personale, a volte trovando sfogo in modalità ragionate collettivamente.

Lunedì sera un ragazzo dell’area gialla, allo stremo della sopportazione per la prigionia, ha provato a impiccarsi ma i compagni di camera lo hanno tirato giù impedendogli di togliersi la vita. Un’altra goccia in un vaso già sufficientemente pieno che ha fatto prendere la decisione a tutti i ragazzi detenuti nel Centro torinese di iniziare lo sciopero della fame. Così martedi c’è stato il rifiuto totale della sbobba solitamente servita e a mezzanotte tutti i reclusi sono usciti dalle aree minacciando i lavoranti della struttura di bruciare i materassi.

Una volta nel cortile per due ore hanno tenuto una battitura contro le inferriate all’urlo di libertà e la polizia non si è fatta vedere.

Uno degli obiettivi era quello di farsi sentire da chi abita nei palazzi vicini, che qualcuno si rendesse conto di vivere fianco a fianco a una prigione come quella. L’effetto sortito tra i “vicini di casa” non è stato però quello immaginato: qualche residente si è lamentato con le forze dell’ordine della situazione di disagio per il quartiere, qualcun altro ha chiamato i giornalisti per esprimere il suo stupore rispetto a questa protesta notturna.

Un po’ meno illusi rispetto a questa strategia, dentro al centro ancora in tanti sono in sciopero della fame e continuano a minacciare proteste per ottenere la libertà, sostenuti anche da calorosi saluti di solidali fuori dalle mura.

Intanto le forze dell’ordine non si fanno vedere se non attraverso qualche funzionario che di tanto in tanto chiede quanto ancora continuerà il rifiuto del cibo.