Del suo peggio

Non sapendo bene cosa fare dei reclusi di Gradisca dopo la distruzione delle stanze del Centro, Maroni ha pensato bene di fare del suo peggio – come al solito. Intanto, visto che sono ancora tutti costretti a dormire e a mangiare per terra, che è stato vietato loro di fumare, che sono guardati a vista dai celerini arrivati appositamente da Padova e che la luce non viene spenta neanche di notte, per evitare che si lamentino troppo forte Maroni ha pensato bene di far requisire loro i telefoni cellulari. E così, per sapere cosa succede dentro, dobbiamo addirittura fidarci di quel che dicono i sindacati di polizia, visto che i contatti con l’interno oramai sono diventati estremamente difficoltosi (proprio come quelli con i reclusi di Modena e di Milano). Proprio il Sap, per esempio, sui giornali di oggi ha fatto sapere che i prigionieri «non possono lavarsi né farsi la barba (se non alcuni), visto che sono disponibili solo i bagni delle camere agibili (due docce per camera), senza considerare che gli è vietato anche l’accesso allo spazio comune all’aperto».

Ai poliziotti è chiaro che queste misure volute dal ministero possono dare forza ad una rivolta grossa e disperata, e che i rinforzi mandati da Maroni rischiano di non bastare.

Piano piano la tensione sta salendo, tanto che un detenuto che l’altro giorno per protesta si stava tagliando con una lametta è stato arrestato perché poi la lametta l’avrebbe rivolta contro il poliziotto intervenuto per fermarlo.

A parte queste misure di una crudeltà dozzinale, l’infimo Maroni potrebbe tirare fuori un altro coniglio dal suo cappello: come sapete la struttura isontina è mezza Cie e mezza Cara e, se il Cie oramai è distrutto, il Cara invece si mantiene molto meglio. Ora, visto che a giorni potrebbe aprire il Campo di Mineo, la mega struttura siciliana dove concentrare e rinchiudere i richiedenti asilo fino ad ora sparpagliati nei Cara italiani, potrebbe anche darsi che gli “ospiti” del Cara di Gradisca vengano trasferiti in Sicilia lasciando lo spazio ai prigionieri loro vicini, fino ad ora ammassati nei corridoi. Un modo, insomma, di far risorgere il Cie dalle sue ceneri. Forse proprio per pianificare questi traslochi a catena, dall’altro giorno ai richiedenti asilo è stato esteso il divieto di tenere accendini, oltre che quello di tenere cellulari con la fotocamera: e questo vuol dire perquisizioni ad ogni ingresso con tutto quel che ne consegue.

Intanto, una piccola novità da corso Brunelleschi, a Torino, dove lo sciopero della fame è terminato oramai da due giorni. A quanto sembra, la polizia è riuscita ad effettuare, ieri, sei deportazioni verso la Tunisia, via Genova. I deportati, secondo quanto riferiscono i loro compagni di prigionia di queste settimane, sarebbero stati individuati come i famosi evasi dalle carceri tunisine dei giorni della rivoluzione. Per portarli fuori dalle sezioni senza troppi problemi, la polizia ha detto loro di volerli portare in ospedale per una visita e non ha fatto prendere loro i vestiti e i bagagli. In più, è filtrata la notizia che venticinque reclusi sono stati denunciati per l’incendio di lunedì scorso.

Leggi alcuni articoli su Gradisca dalla stampa locale.

Il Sap critica in maniera aspra le condizioni in cui sono tenuti gli extracomunitari ospiti del Centro. «Situazione vergognosa»

La Commissione parlamentare Schengen, Europol e Immigrazione sarà l’11 di marzo al Centro di identificazione ed espulsione di di Gradisca d’Isonzo dopo le ultime sommosse che di fatto lo hanno reso inagibile. Lo hanno reso noto i parlamentari friulani del Pd Ivano Strizzolo e Carlo Pegorer. Prima della visita al Cie, la delegazione parlamentare si incontrerà nel municipio di Gradisca con i rappresentanti delle istituzioni locali e con i responsabili di prefettura e questura per fare il punto sulla situazione divenuta insostenibile.

Il Cie di Gradisca è il centro dove si sono avuti più disordini ed episodi di violenza rispetto agli altri ubicati in varie regioni italiane. La visita della delegazione parlamentare è ritenuta ancora più necessaria anche alla luce di possibili sviluppi circa la situazione del Nord Africa.

«Il peggiore dei serial killer ha un trattamento migliore degli immigrati detenuti nel Cie di Gradisca d’Isonzo, dove a seguito della situazione di emergenza venutasi a creare domenica scorsa vi sono condizioni di trattenimento inumane». A lanciare l’ennesimo allarme sul Centro di identificazione ed espulsione di via Udine è la segreteria provinciale del Sap (Sindacato autonomo di Polizia), che in una nota ricorda come «i 101 ospiti attuali per la quasi totalità vengono fatti alloggiare nei luoghi comuni (atri e corridoi) tra le due mense, da anni non funzionanti, mentre una parte è sistemata nell’unica stanza rimasta agibile, anche se si è provveduto a ripristinarne un’altra. A oggi vengono fatti dormire a terra, senza materassi e cuscini, con la luce accesa anche di notte. Non possono lavarsi nè farsi la barba (se non alcuni), visto che sono disponibili solo i bagni delle camere agibili (due docce per camera), senza considerare che gli è vietato anche l’accesso allo spazio comune all’aperto. Il rischio di malattie è elevato».

 

Ad aggravare ulteriormente la situazione e la tensione «ormai altissima sono le due ordinanze prefettizie riguardanti il divieto di fumare per gli ospiti e il ritiro dei telefoni cellulari, prevedendo l’utilizzo dei telefoni fissi della struttura (dei sei presenti solo tre sono in funzione, di cui due nella zona verde, attualmente oggetto di lavori di messa in sicurezza e dove gli ospiti vengono scortati dalla polizia per telefonare, ndr). Anche la somministrazione dei pasti è un momento di attrito che la Polizia deve contenere al chiuso e in spazi ristretti, con notevole pericolo. Per non parlare dei controlli personali mirati a reperire accendini, lamette da barba, vetro e lacci per le scarpe. Gli immigrati arrivano a chiedere di essere trasferiti in un carcere per poter consumare un pasto decente, lavarsi e dormire. Il sindacato si chiede come mai si permetta questa situazione “vergognosa”, costringendo le forze dell’ordine, non specializzate nel trattenimento di soggetti così detenuti, a un continuo contatto con gli immigrati. Chi si è assunto la responsabilità del trattenimento in queste condizioni? Un Paese civile quale è l’Italia non può tollerare in trattenimento in queste condizioni».

Il Messagero Veneto, 6 marzo

Tenta di ferire un agente tunisino arrestato

Autolesionismo e aggressione a un poliziotto, un arresto al Cie. Le forze dell’ordine hanno tradotto nel carcere goriziano un immigrato nordafricano con l’accusa di avere minacciato e aggredito un agente di polizia con una lametta. L’agente era intervenuto per fare desistere l’uomo dal completare un atto di autolesionismo e per poco non è stato ferito dalla furia del maghrebino. Un episodio che ben chiarisce quale sia il clima dietro il muro dell’ex Polonio. Il vicino Cara, intanto, potrebbe essere svuotato per fare fronte all’emergenza umanitaria che sta per abbattersi sulle coste siciliane. I richiedenti asilo attualmente ospitati a Gradisca potrebbero dunque essere trasferiti in Sicilia. Il piano d’emergenza varato dal ministro Maroni prevede infatti che nei Cara vengano smistati i cittadini stranieri in fuga dalla Libia. Ma torniamo alla delicatissima situazione del Cie. Nella struttura la tensione può esplodere in qualunque momento e le condizioni di vita degli immigrati “sono assurde: costretti a dormire e mangiare a terra e senza possibilità di lavarsi”. A denunciarlo senza giri di parole il Sap, sindacato autonomo di polizia, il cui segretario nazionale Dressadore ha scritto al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione per denunciare la gravità della situazione. «La struttura è caduta letteralmente a pezzi – denuncia Dressadore – senza che venissero attuati seri interventi di ripristino, diversamente da quanto accaduto in altri Cie. La situazione attuale è incandescente e non si esclude che in qualunque momento possa essere attuato, viste le condizioni di vita all’interno, un tentativo di fuga di massa. Eppure nonostante l’evidente pericolo è stato disposto un rinforzo di sole 10 unità». Relativamente allo svuotamento del Cara, invece, l’associazione Tenda per la Pace ed i diritti esprime “sconcerto” per la decisione del Consiglio dei ministri in vista del possibile esodo di migranti sulle coste siciliane. Per fare loro posto, i richiedenti asilo già presenti nelle strutture per rifugiati di tutto il Paese sarebbero trasferiti nel “Villaggio della solidarietà” di Mineo, in provincia di Caltanissetta, un maxi-Cara da 2mila posti. Tenda per la Pace denuncia anche come il divieto di fumo disposto al Cie, dopo gli incendi delle ultime settimane, sia stato allargato anche al vicino Cara. Accendini e telefoni cellulari vengono requisiti.

Il Piccolo, 5 marzo

Allarme Cie, Tommasini alza la voce

«Capiamo la particolarità del momento e le difficoltà che ne conseguono, ma riteniamo doveroso che si trovi nell’immediato una soluzione che possa tranquillizzare la cittadinanza e restituire un po’ di serenità a Gradisca»: l’ha ribadito il sindaco Franco Tommasini, pronto a ricordare anche come i ripetuti disordini al Cie di via Udine abbiano insinuato quotidiana preoccupazione nella popolazione gradiscana.

 

Un disagio che lo stesso primo cittadino non nasconde. «Se sono preoccupato? Credo sia normale alla luce di quanto sta succedendo, anche perchè tutto questo non è normale per una cittadina di meno di 7 mila abitanti. Vedo e sento la gente preoccupata, ormai se ne parla sempre di quanto sta accadendo dietro quel muro, ma da parte mia non posso che ribadire l’invito a stare tranquilli. Che soluzione auspichiamo? Credo che per quanto riguarda Gradisca ci sia ben poco da decidere: la priorità resta ovviamente quella di svuotare il centro, di ripristinare subito gli standard di sicurezza e confidiamo che si trovi in breve tempo il modo di normalizzare il tutto. Al momento, tuttavia, non abbiamo comunicazioni in merito».

 

Sull’operato della politica, regionale e nazionale, invece, Tommasini precisa: «La politica non solo può, ma deve sicuramente fare di più».

 

Sull’alta tensione al Cie gradiscano (dove martedì si è registrata anche l’aggressione di un immigrato tunisino a un poliziotto, ferito a una mano) e sulle restrizioni varate anche al limitrofo Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo), intanto, ieri è intervenuta anche l’associazione “Tenda per la pace e per i diritti”, denunciando come proprio al Cara «si applicano le stesse regole del Cie. Dal 1° marzo è vietato fumare al Cie e le motivazioni non sono certo di carattere salutistico, ma di sicurezza.

 

Le ultime azioni di protesta al Cie hanno provocato un ulteriore giro di vite da parte delle forze di sicurezza. Ma non è tutto: le stesse regole anti-fumo o anti-fuoco sono state applicate nel vicino Cara. Il divieto di utilizzo e detenzione di accendini significa costanti preoccupazioni a ogni ingresso nella struttura nei confronti di richiedenti asilo che, ricordiamo, secondo la legislazione italiana e le direttive europee non possono essere trattenuti in stato detentivo.

 

Nel centro, poi, oltre alle perquisizioni anti-sigarette e accendini, si è inasprito anche del telefonini cellulari con foto e videocamere, con queste persone costrette a scegliere tra i sequestro e il danneggiamento volontario dell’obiettivo da parte delle autorità. Un bel colpo secco alla telecamera: modalità piuttosto strane di dimostrare accoglienza».

 

Azioni pericolosamente “sospette” secondo l’associazione. «Si stanno forse implementando le misure del piano del Ministero dell’Interno per far fronte all’incremento di ingressi dal nord Africa? Al termine del consiglio dei Ministri, Maroni ha annunciato che il Consiglio ha dato “il via alla realizzazione del villaggio della solidarietà a Mineo, in una struttura privata di proprietà della Pizzarotti spa. Secondo il Governo il supercentro di Mineo farà da “modello di eccellenza in Europa nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Un modello che prevede il trapianto a Mineo dei richiedenti asilo ospitati oggi nei Cara italiani. Ciò a cui stiamo assistendo è un’operazione pericolosissima, in totale disaccordo con le direttive europee sull’asilo, che vedrà la creazione di un ghetto isolato e militarizzato per i richiedenti asilo politico e la trasformazione dei Cara in ulteriori centri detentivi quali sono i Cie. Non è ammissibile che in nome di un’emergenza umanitaria, gestibile in altre modalità, si smantellino esperienze già in atto e si alimenti una cultura di ghettizzazione degli stranieri, il tutto favorendo interessi privati golosi».

Il Messaggero Veneto, 5 marzo

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